CCNL Operai agricoli e florovivaisti

Contratti collettivi nazionali del lavoro del settore operai agricoli e florovivaisti; impiegati, quadri e dirigenti dell’agricoltura.

Elenco CCNL Operai agricoli e florovivaisti

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Il presente contratto collettivo regola, su tutto il territorio nazionale, i rapporti di lavoro fra le imprese condotte in forma singola, societaria o, comunque, associata che svolgono attività agricole, nonché attività affini e connesse – comprese le aziende florovivaistiche1 e le imprese che svolgono lavori di creazione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico e privato – e gli operai agricoli da esse dipendenti2.

Il CCNL si applica, in particolare, alle imprese considerate agricole ai sensi dell’art. 2135 del Codice civile e delle altre disposizioni di legge vigenti, quali a titolo esemplificativo: 

  • le aziende ortofrutticole;
  • le aziende oleicole e i frantoi;
  • le aziende zootecniche e di allevamento di animali di qualsiasi specie;
  • le aziende di allevamento pesci ed altri organismi acquatici (acquacoltura)3;
  • le aziende vitivinicole;
  • le aziende funghicole;
  • le aziende casearie;
  • le aziende tabacchicole;
  • le aziende faunistico-venatorie;
  • le aziende agrituristiche;
  • le aziende di servizi e di ricerca in agricoltura;
  • le aziende di coltivazioni idroponiche.

1 Sono florovivaistiche le aziende:

  • vivaistiche, produttrici di piante olivicole, viticole e da frutto, ornamentali e forestali;
  • produttrici di piante ornamentali da serra;
  • produttrici di fiori recisi comunque coltivati;
  • produttrici di bulbi, sementi di fiori, piante portasemi, talee per fiori e piante ornamentali.

2 Per la disciplina dei rapporti di lavoro tra le imprese di manutenzione, sistemazione e creazione del verde pubblico e privato e i loro operai si vedano gli allegati 2) e 2-bis) del presente CCNL.

3 Per la disciplina dei rapporti di lavoro tra le imprese che esercitano attività di acquacoltura e i loro operai si veda anche l’Accordo del 19 giugno 2018 (Cfr. Allegato n. 5).

L’orario di lavoro è stabilito in 39 ore settimanali pari a ore 6,30 giornaliere.

Tale orario, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. 8.4.2003, n. 66, può essere computato anche come durata media in un periodo non superiore a dodici mesi, con la possibilità di distribuire l’orario ordinario di lavoro per una o più settimane in misura superiore a quella prevista dal precedente comma e per le altre, a compensazione, in misura inferiore.

La variabilità dell’orario ordinario settimanale di cui al comma precedente è consentita nel limite di 85 ore annue, con un massimo di orario settimanale di 44 ore. Modalità e criteri sono demandati alla contrattazione provinciale, compresi quelli di informazione dei lavoratori.

Per gli operai addetti alle stalle, all’acquacoltura e alle attività agrituristiche, in considerazione delle peculiari esigenze di organizzazione del lavoro, i contratti provinciali possono prevedere particolari modalità applicative dell’orario di lavoro.

In materia di orario di lavoro per i lavoratori minori di età si applicano i limiti previsti dalle vigenti disposizioni di legge.

Fermo rimanendo il limite di orario di cui al primo comma del presente articolo, nonché quelli di cui al terzo comma del presente articolo, i Contratti provinciali di lavoro potranno prevedere, facendo salve le attività zootecniche ed anche per periodi limitati dell’anno, una diversa distribuzione dell’orario settimanale medesimo anche su cinque giorni o una riduzione dell’orario giornaliero di lavoro nella giornata del sabato. Le ore non lavorate, in dette ipotesi, verranno aggiunte all'orario ordinario da effettuarsi nei rimanenti giorni della settimana.

Le disposizioni del presente articolo sull’orario di lavoro non si applicano ai lavori di mietitura e di trebbiatura in quelle province nelle quali tali lavori siano disciplinati da accordi collettivi speciali.

Agli operai è dovuto un riposo settimanale di 24 ore consecutive, possibilmente in coincidenza con la domenica.

Se, per esigenze d’azienda, fosse richiesta la prestazione di lavoro nella domenica, il riposo di 24 ore consecutive dovrà essere concesso in altro giorno della settimana.

In base all’art. 22 della legge 17.10.1967, n. 977, modificata dal d.lgs. 4.8.1999, n. 345, agli operai di età inferiore ai 18 anni, deve essere assicurato un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi e comprendente la domenica. Il periodo minimo di riposo può essere ridotto, per comprovate ragioni di ordine tecnico e organizzativo, ma non può comunque essere inferiore a 36 ore consecutive.

Per gli operai addetti al bestiame, all’acquacoltura e per quelli aventi particolari mansioni, fermo rimanendo il loro diritto al riposo settimanale, la regolamentazione di tale riposo è demandata ai contratti provinciali, in applicazione dell’art. 8 della legge 22.2.1934, n. 370.

Agli operai con rapporto di lavoro a tempo indeterminato spetta, per ogni anno di servizio prestato presso la stessa azienda, un periodo di ferie retribuito pari a 26 giornate lavorative.

Nel caso di assunzione, licenziamento o dimissioni nel corso dell’anno, agli operai di cui sopra spettano tanti dodicesimi delle ferie per quanti sono i mesi di servizio prestati presso l’azienda.

La frazione di mese superiore ai 15 giorni viene considerata, a questi effetti, come mese intero.

Per i giovani di età inferiore o superiore ai 16 anni, si applica l’art. 23 della legge 17.10.1967, n. 977, così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 4.8.1999, n. 345.

Il datore di lavoro, nello stabilire il periodo di godimento delle ferie, deve tenere conto, compatibilmente alle esigenze aziendali, degli interessi e dei desideri dei lavoratori.

Per gli operai a tempo determinato si fa riferimento a quanto stabilito dall’art. 49.

In caso di orario flessibile ai sensi dell’art. 34, commi 2 e 3, il computo delle ferie è rapportato a ore.

Nel rapporto individuale di lavoro a tempo indeterminato il licenziamento degli operai non può avvenire che per giusta causa o per giustificato motivo, secondo la disciplina delle leggi n. 604 del 66 e n. 300 del 70, come modificate dalla legge n. 108 del 90.

a) Giusta causa

Il licenziamento per giusta causa, con risoluzione immediata del rapporto senza obbligo di preavviso, è determinato dal verificarsi di fatti che non consentono la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto, quali:

  • le assenze ingiustificate per tre giorni consecutivi, senza notificazioni;
  • le condanne penali per reati che comportino lo stato di detenzione;
  • la recidiva nelle mancanze che abbiano già dato luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari previste dal presente CCNL o dai Contratti provinciali di lavoro;
  • la grave insubordinazione verso il datore di lavoro od un suo diretto rappresentante nell’azienda;
  • i danneggiamenti dolosi ai macchinari, alle coltivazioni ed agli stabili;
  • il furto in azienda.

b) Giustificato motivo

Il licenziamento per giustificato motivo è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte dell’operaio ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, alla organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di esse, quali:

  • le assenze ingiustificate e ripetute con notevole frequenza;
  • la sostanziale riduzione della superficie aziendale o degli allevamenti;
  • la radicale modifica degli ordinamenti colturali o della organizzazione aziendale;
  • la cessazione dell’attività agricola per fine contratto di affitto di fondo rustico;
  • l’adesione dell’impresa a forme associate di conduzione e cooperative di servizio;
  • l’incremento del nucleo familiare dell’imprenditore per l’aggiunta od il rientro di unità lavorative attive, relativamente ai familiari entro il secondo grado, anche se non conviventi.

Il licenziamento per giustificato motivo deve essere intimato nel rispetto dei termini di preavviso di cui all’art. 76 del presente contratto.

Il provvedimento di licenziamento, sia che intervenga per giusta causa che per giustificato motivo, deve essere comunicato all’operaio a mezzo raccomandata a. r. e contenere i motivi che lo hanno determinato.

L’operaio che si ritenga leso nei suoi diritti potrà rivolgersi alla propria organizzazione sindacale la quale, con le modalità e procedure previste dall’art. 89, esperirà il tentativo di amichevole componimento.

Conformemente a quanto stabilito dall’art. 4, c. 2, della legge n. 108 del 90, le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti degli operai aventi diritto alla pensione di vecchiaia ed in possesso dei requisiti pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 6 del d.l. 22.12.1981 n. 791, convertito, con modificazioni, con la legge 26.2.1982 n. 54.

Dimissioni per giusta causa

L’operaio a tempo indeterminato può recedere dal rapporto di lavoro, senza preavviso, qualora si verifichi un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali e di legge da parte del datore di lavoro.

Preavviso di risoluzione del rapporto

La risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel caso di licenziamento non per giusta causa o di dimissioni non per giusta causa, deve essere preceduta da preavviso, da notificarsi dall'una all’altra parte a mezzo di raccomandata a.r.

I termini di preavviso, che decorrono dalla data di ricevimento della comunicazione, sono così stabiliti:

  • due mesi nel caso di licenziamento;
  • un mese nel caso di dimissioni.

In caso di mancato preavviso in tutto od in parte nei termini suddetti, è dovuta dall'una all'altra parte una indennità sostitutiva equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte dell’operaio.

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